Reperti: una mostra
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REPERTI FOTOGRAFICI PER UNA MOSTRA
Nel 1968 aprimmo uno studio fotografico nel cuore della vecchia Milano, in via San Maurilio, una lunga viuzza sita nello storico quartiere da sempre conosciuto come le “cinque vie”. Quel vecchio quadrilatero era composto da antiche strade in parte lastronate per far scorrere carri, carretti e carrozze, convergenti in una piazza o in dubbie svolte che portavano in vicoli ciechi, intrecciate come in un labirinto. In quegli anni Sessanta, in quell'antico quartiere erano ancora operose molte attività artigianali e ancora aperti e frequentati vecchi e rinomati negozi. In quelle viuzze già dal mattino potevi anche incontrare attempate e cordiali prostitute, con le quali ci si intratteneva a considerare la meteorologia della giornata, l’andamento del loro quotidiano lavoro, o a commentare fatti di cronaca cittadina. Era una Milano ancora umana, anche se di lì a poco il Paese sarebbe scivolato verso drammatici esiti sociali e politici.
La nostra attività fotografica si divideva tra collaborazioni con editori, fotografia pubblicitaria e lavoro sul linguaggio fotografico, cercando di dare effettiva continuità all'esperienza fatta con la fotografia di scena al Piccolo Teatro. Così, anche l’idea di girovagare per il quartiere con le nostre Leica M3 per fermare sulla pellicola quel che colpiva il nostro occhio, anche le più minute realtà, poco alla volta andò a costituire il materiale fotografico per la mostra del 1973.
Dalla Presentazione di Giuseppe Turroni della mostra "Reperti", marzo 1973
"Alberto e Gianni Buscaglia compiono una ricerca precisa, razionale, sulle cose e sugli oggetti di una Milano tanto usuale da diventare insolita. Il loro è un discorso semantico sul recupero della memoria, dei ricordi perduti, dei vecchi cortili (che a Parigi erano fotografati da Atget intorno al 1910), delle insegne dei negozi, delle balconate e delle ringhiere liberty. E' una memoria diretta e oggettuale, e il miracolo della vera fotografia sta appunto in questo stupore davanti alle cose scoperte per la prima volta, come per il primo amore: l'occhio ha meraviglia di se stesso, lo sguardo è incredulo, si pensa: ma perché prima non ero riuscito a vedere tutto questo? Borges parla di thrill in poesia, dell'attimo di terrore e di dolcezza che costituisce una sutura tra l'immagine e la storia. Alberto e Gianni Buscaglia ci danno questa tenerezza perduta e questa felicità riconquistata; il loro obiettivo è sincero, la stampa - anche se curatissima e raffinata - non ha fronzoli, è lo stile che si fa linguaggio immediato, realtà, architettura, città, vita e sogno. (...) Trovo bellissimi questi particolari di una Milano che una volta tanto non ha né il cuore in mano né è presa nel giro del vuoto dinamismo. Le trovo anzi eccezionali (...) Esistono in una pura dimensione, che è astrazione e documento insieme."