Il lavoro teatrale - Alberto Buscaglia

Alberto Buscaglia
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Il lavoro teatrale

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Drammaturgia e lavoro teatrale

Dopo quasi una decade di regia e drammaturgia radiofonica, nel 1980 approdammo finalmente in teatro. Fu quasi un passaggio naturale, come in una logica dissolvenza, anche perché il debutto sul palcoscenico fu propiziato da un gruppo di attori che spesso chiamavamo nelle nostre produzioni radiofoniche e che facevano parte della compagnia stabile di un teatro milanese. E il debutto avvenne così come avevamo pensato dovesse avvenire, vale a dire con una nostra proposta registica e drammaturgica su un testo da noi approntato dedicato al mito teatrale di Don Giovanni prima del grande Molière.
Da quella prima regia, le nostre proposte teatrali, e il conseguente lavoro di palcoscenico, sono sempre state precedute, quando non suggerite, da un approfondito scavo sulla drammaturgia di un testo e sulla poetica del suo autore. Così è accaduto, per fare un esempio, nel 1984, per la nostra interpretazione “noire” de Gl’innamorati di Carlo Goldoni, una "lettura" scenica che può aver indicato una nuova lettura alle regie successive di questo trascurato grande testo goldoniano. Del testo di Goldoni ci “innamorammo” dopo le letture dei saggi fondamentali di Mario Baratto (Per una rilettura degli "Innamorati", 1974), e di Franco Fido (Lo spazio scenico dei servitori e la critica della ragion borghese, 1977). Mentre per lo spettacolo sul mito di Don Giovanni fu l'incontro con il grande saggio di Giovanni Macchia Vita avventure e morte di Don Giovanni (1978), un viaggio storico-critico sulle fonti e le fortune teatrali del seduttore di Siviglia, a spronarci verso il lavoro drammaturgico e poi a quello scenico.
Così è stato anche per Plauto e la versione del Persa che commissionammo al poeta Antonio Porta (La stangata persiana, 1986), uno spettacolo suggeritoci dallo stimolante studio del latinista Gioachino Chiarini, La recita. Plauto, la farsa, la festa, (1983), che ci fornì non solo le indispensabili coordinate storico-filologiche, ma anche le fondamentali implicazioni metateatrali della nostra messa in scena.
Le indicazioni per le scene, per la recitazione e i movimenti degli attori, le luci e le musiche sono sempre state determinate da questa prima fase di approfondimento dei testi, mai da superficiali idee preconcette o da suggestive ma astratte immaginazioni scenografiche.
 
 

Spettacoli

di Alberto e Gianni Buscaglia
di Carlo Goldoni
di T.M. Plauto, versione di Antonio Porta
di Antonio Porta
Regina madre  (1994)
di Mario Santanelli
di Edward Albee
di Thomas Bernhard
Progetti, progetti...

La storia di chi realizza spettacoli è anche costellata da produzioni rimaste purtroppo solo allo stato progettuale o, in qualche caso, addirittura di avanzata preparazione; sia per la difficoltà di ottenere partnership, o, nel caso di strutture pubbliche, di allestimenti già in fase di produzione sospesi senza alcun preavviso, magari per miserevoli problemi di cassa o di crisi politiche locali, come per l'incarico assegnatoci per la regia dell'opera lirica Così fan tutte di Mozart, nel 1994, in occasione dell'inaugurazione del restauro del Teatro Fraschini di Pavia... Qui voglio invece ricordare l'episodio che riguardò il progetto di produzione dei Due dialoghi di Angelo Beolco detto il Ruzante: ovvero Parlamento de Ruzante che iera vegnù da campo e Bilora, due eccezionali atti unici in antica lingua pavana.

Nonostante nella nostra produzione radiofonica e televisiva ci fossimo sempre attenuti ad una attenta e doverosa filologia verso i grandi autori dialettali lombardi, Carlo Maria Maggi, Carlo Porta, Delio Tessa e altri, nell'affrontare teatralmente la dura lingua pavana del Ruzante, già portato in scena molte volte nel suo originale ma impervio vernacolo o nella reinventata parlata "padana" di Dario Fo, io e Gianni, anche sulla scorta di lontane ma sempre valide considerazioni di Virginio Puecher, nel 1998 immaginammo la possibilità di una traduzione/versione del Ruzante dei Due Dialoghi, ma realizzata da uno scrittore uso a una lingua e ad umori altrettanto forti, estraneo agli stereotipi della facile narrativa italiana da premi letterari: dati questi obbiettivi, all'epoca non potemmo pensare se non a Aldo Busi. Volevamo un testo d'autore, ma che permettesse agli attori ampia libertà nell'affrontare i reietti messi in scena dal Beolco. Un po' come intelligentemente Antonio Porta aveva accordato agli attori del Persiano (La stangata persiana, 1984) libere "improvvisazioni" sulla sua traduzione/versione della commedia plautina.

Per poter affrontare la prima fase operativa e produttiva, nel 1999, con un affiatato gruppo di attori costituimmo l'associazione teatrale "L'Illustre Teatro" (di voluta memoria molieriana), formata per poter lavorare con un concreto approccio laboratoriale intorno ai personaggi, alla lingua e al mondo rappresentato nei due testi del Ruzante; e, nel contempo, per avanzare la proposta di traduzione/versione a Aldo Busi, il quale accettò l'incarico concretamente retribuito con grande entusiasmo.
Ebbene, nonostante il nome di Aldo Busi, il livello professionale dei teatranti coinvolti, l'occasione delle celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario dei natali del Ruzante, e la possibilità di portare il suo teatro anche a quel vasto pubblico che difficilmente avrebbe compreso il suo duro dialetto pavano, non riuscimmo ad associare un teatro, pubblico o privato, con cui poter organizzare produzione, rappresentazioni e piazze per una tournée, decretando la fine del progetto. La versione dei Due dialoghi ruzantiani fu poi pubblicata nel 2007 da Busi negli Oscar Mondadori.

Alberto Buscaglia
alberto.buscaglia@gmail.com
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