Hyperion - Due corti per La Fenice
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HYPERION (1977)
Lirica in forma di spettacolo di
Bruno Maderna e Virginio Puecher
dal poema di Friedrich Hölderlin
fonemi di Hans G. Helms
fonemi di Hans G. Helms
Flauto solista (il Poeta) Severino Gazzelloni
Soprano (la Donna) Marjorie Wright
Direttore e concertatore Karl Martin
Regia di Virginio Puecher
Regista collaboratrice Rosita Lupi
Scene Carlo Paganelli
Costumi Daniela Zerbinati
Maschere Marina Tessari e Paolo Baroni
Parti filmate di Gianni e Alberto Buscaglia
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Produzione Teatro La Fenice
Venezia, 1977
Due corti per l’opera Hyperion (1977)
Le parti filmate per Hyperion (1977) realizzate da
Alberto e Gianni Buscaglia
"Le rire o Dodici televisori"
Immagini cinetiche e forme astratte in movimento elaborate da materiali televisivi di repertorio.
Immagini cinetiche e forme astratte in movimento elaborate da materiali televisivi di repertorio.
"Il passato mi stava dinnanzi come uno spaventoso deserto"
Immagini documentarie di repertorio dei maggiori fatti “collettivi” accaduti nel mondo tra il 1964 e il 1977.
Seguendo le indicazioni forniteci da Virginio Puecher, il materiale visivo fu cercato e rintracciato in massima parte presso la cineteca della RAI di Roma, controtipato in negativo sempre nei laboratori RAI, poi stampato a Milano e montato musicalmente sui due citati movimenti dell'Hyperion di Bruno Maderna presso lo studio di registrazione e montaggio di Ignazio Colnaghi.
Ricerche, sceneggiatura, montaggio, produzione esecutiva e regia di Alberto e Gianni Buscaglia
negativo b/n 16 mm, 5' e 6'10" (1977)
negativo b/n 16 mm, 5' e 6'10" (1977)
"Il passato mi stava dinanzi come un immenso, spaventoso deserto"
Da Hyperion di Bruno Maderna: ARIA per soprano, flauto e orchestra, da “Hyperion” di Friedrich Hölderlin edizione del 1794, nota come Thalia Fragment, pubblicato da Schiller nella rivista “Thalia”.
HYPERION
Wie eine lange entsezliche Wüste lag die Vergangenheit da vor mir, und mit höllischem Grimme Vertilgt’ich jeden Rest von dem, was einst mein Herz gelabt hatte und erhoben Dann fuhr ich wieder auf mit wüthendem Hohngelächter über mich und alles, lauschte mit Lust dem gräßlichen Wiederhall, und das Geheul der Tschakale, das durch die Nacht her von allen Seiten gegen mich drang, that meiner zerrütteten Seele wirklich wohl. Eine dumpfe, fürchterliche Stille folgte diesen zernichtenden Stunden, eine eigentliche Todtenstille! Ich suchte nun keine Rettung mehr. Ich achtete nichts. Ich war, wie ein Thier unter der Hand des Schlächters. Noch ahnd’ich, ohne zu finden. Ich frage die Sterne, und sie verstummen, ich frage den Tag, und die Nacht; aber sie antworten nicht. Aus mir selbst, wenn ich mich frage, tönen mystische Sprüche, Träume ohne Deutung.
HYPERION
Il passato mi stava dinanzi come un immenso, spaventoso deserto e con un accanimento feroce strappavo e distruggevo ogni traccia di ciò che un tempo aveva lenito il mio cuore. Poi mi rialzai con una feroce risata di derisione per me stesso e per tutto, ne ascoltai con gioia l’eco spaventosa, e l’ululato degli sciacalli, che attraverso la notte mi assalivano da ogni lato, fece veramente bene alla mia anima distrutta. Una calma spaventosa seguì a queste ore strazianti, una vera calma mortale! Ora non cercavo più alcuna salvazione. Ero come una bestia nelle mani del carnefice. [ da lettera III]
[/https://www.tactus.it/lyrics/920290_Testi.pdf - traduzione di Anna Biguzzi]
Il secondo filmato, Il passato mi stava dinnanzi come uno spaventoso deserto, doveva essere un susseguirsi di immagini senza soluzione di temporalità dei principali avvenimenti “collettivi” accaduti tra il 1964 e il 1977: il conflitto del Vietnam, le grandi manifestazioni del '68, la strategia della tensione in Italia, la fine del colonialismo in Africa, ecc. Entrambi i corti dovevano avere delle durate precise, dettate dalla partitura musicale di Maderna.
Ritornare a collaborare con Virginio, per di più nella messa in scena dell'opera di uno dei grandi protagonisti della musica del Novecento, era per noi un grande onore oltre che un grande piacere. Accettammo subito, nonostante il poco tempo a disposizione e il problema, non secondario, che in quel periodo eravamo impegnati con la RAI; impegno che, invece, anche per l’intervento di Paolo Grassi in quegli anni presidente della RAI, ci facilitò l’accesso agli archivi della RAI di Roma, sia per la ricerca, la selezione del materiale di repertorio cinematografico e televisivo e la duplicazione del materiale scelto, delle quali cui se ne occupò interamente Gianni.
Lavorammo con il tempo contato: mentre Puecher a Venezia cominciava le prove dell’opera in teatro, noi a Milano montavamo il materiale dei due filmati previsti, operando con il montatore sulle basi musicali che Maderna aveva realizzato nello studio di fonologia della RAI di Milano. Nel frattempo si era anche aggiunto un filmato che Puecher aveva girato per le calli veneziane con Severino Gazzelloni (flauto solista nell’opera). Arrivammo, come succede spesso nel lavoro teatrale, sul filo di lana, dopo aver corso per la penisola tra Roma, Milano e infine Venezia, al Teatro La Fenice, dove Hyperion, nella versione registica di Puecher, andò in scena con successo. A Venezia, durante le prove dello spettacolo, avemmo anche l’opportunità di conoscere e stringere amicizia con lo scenografo e la costumista delle nostre future e imminenti prime regie teatrali, Carlo Paganelli e Daniela Zerbinati, già allievi di Puecher all’Accademia di Brera di Milano e da qualche tempo suoi giovanissimi collaboratori in teatro.
Memorie
Nell’autunno del 1977 il regista Virginio Puecher ci contattò per uno spettacolo lirico che doveva andare in scena al Teatro La Fenice di Venezia verso la metà di dicembre. Con Puecher, maestro e amico, ci eravamo conosciuti nel 1964, quando con mio fratello Gianni, per due intense stagioni, fummo assunti dal Piccolo Teatro di Milano come fotografi di scena. Così, tra le fotografie per una ripresa del sempre freschissimo Arlecchino servitore di due padroni, quella del già mitico Galileo di Bertold Brecht e di uno svogliato e soltanto celebrativo Le notti dell’ira di Armand Salacrou, tutti per la regia di Strehler, avemmo l’opportunità di seguire Virginio Puecher durante tutto il lavoro di messa in scena de L’annaspo, un singolare e promettente dramma di Raffaele Orlando (1929-1962). Ma fu soprattutto la totale collaborazione con Virginio che avemmo l'opportunità di cogliere, dal privilegiato punto di vista dell’oculare delle nostre Leica M3, tutto il magico complesso lavoro teatrale, da quello dello scavo del testo e del paziente lavoro con gli attori, fino ai meccanismi scenici e alla magia delle luci; e fu naturalmente la felice occasione per stringere una forte e fattiva amicizia.
Così, quando nell’autunno del ’77 Virginio ci dette appuntamento nella sua casa di campagna, fu come se il tempo da quegli anni Sessanta si fosse fermato, accogliendoci come se ci fossimo visti il giorno prima per mostrarci, con l’orgoglio di un fiero bricoleur, il modellino della scena da lui stesso realizzato dell’opera coreografica che doveva mettere in scena, Hyperion di Bruno Maderna (1920-1973), frammenti lirici ispirati al poema di Friedrich Hölderlin. Virginio ci descrisse nei dettagli il suo progetto di regia proponendoci la realizzazione delle parti filmate che dovevano essere parte integrante della scena, precisando che l’opera debuttava il 14 dicembre di quello stesso anno. Il primo filmato, Le rire o Dodici televisori, doveva essere una sorta di collage pop dal ritmo rapidissimo, con immagini ricavate da sigle televisive: un gioco grafico astratto e ipnotico da visualizzare su 12 televisori.
Così, quando nell’autunno del ’77 Virginio ci dette appuntamento nella sua casa di campagna, fu come se il tempo da quegli anni Sessanta si fosse fermato, accogliendoci come se ci fossimo visti il giorno prima per mostrarci, con l’orgoglio di un fiero bricoleur, il modellino della scena da lui stesso realizzato dell’opera coreografica che doveva mettere in scena, Hyperion di Bruno Maderna (1920-1973), frammenti lirici ispirati al poema di Friedrich Hölderlin. Virginio ci descrisse nei dettagli il suo progetto di regia proponendoci la realizzazione delle parti filmate che dovevano essere parte integrante della scena, precisando che l’opera debuttava il 14 dicembre di quello stesso anno. Il primo filmato, Le rire o Dodici televisori, doveva essere una sorta di collage pop dal ritmo rapidissimo, con immagini ricavate da sigle televisive: un gioco grafico astratto e ipnotico da visualizzare su 12 televisori.