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RICERCA: IMMAGINE FOTOGRAFICA E OLTRE
Tra la fine degli anni Sessanta, dopo l'importante esperienza con la fotografia di scena al Piccolo Teatro di Milano, e poi per tutti gli anni Settanta, la nostra ricerca fotografica ha seguito percorsi e linguaggi diversi, confrontandosi con la luce, le forme, la materia e il colore degli esterni; e, parallelamente, con il cromatismo dell'illuminazione artificiale, il movimento dei soggetti e il rigoroso rispetto di ciò che si inquadrava e si fissava sulla pellicola; ma affrontando anche soggetti stereotipati della tradizione pittorica per disfarli nelle tinte più liquide e neutre, o bruciate dalla luce solare. Poi l'arrivo delle prime fotocamere digitali, e più avanti quelle inserite nei cellulari. Si può fare ancora della ricerca con questi mezzi? Sì, se l'occhio che guarda, che osserva, è costantemente impegnato ad andare oltre a ciò che vede e inquadra.
L'amicizia con Turi Simeti, la frequentazione del suo studio e delle sue opere ci ha poi spinto negli studi di altri artisti, nei luoghi delle loro esposizioni o nei padiglioni delle Biennali di quei primi anni Settanta. Seguendoli dove preparavano e presentavano le loro performance. Ma con la macchina fotografica vagabondavamo anche nelle strade della vecchia Milano, dove avevamo il nostro studio, dove spesso, nello spazio segreto della camera oscura, lavoravamo sulle nostre immagini per estrarne significati altri dalla pura riproduzione della realtà, spingendo la nostra ricerca al di là del singolo scatto fotografico, cercando nelle immagini impresse sui negativi nuove risposte e nuovi significati, sovvertendo il presunto dato oggettivo, per andare oltre l'ovvio naturalismo del linguaggio fotografico. Diventava necessario contaminare questo codice con i linguaggi della poesia, del romanzo, del teatro, del cinema...
IL TEMPO RITROVATO
sequenza
(1967)
(1967)
...Insomma, la voglia di raccontare un’altra storia da quella puramente cronachistica, diversa, come nella sequenza volutamente non narrativa trasferita su tela fotografica di una perfomance di Jorge Eielson; o di svelare il lavoro di un artista concettuale, rappresentando l’accurata preparazione del backstage fotografico di Aldo Tagliaferro. O ancora cercando la poesia, il lirismo in un gesto distruttivo, narrando in una lunga sequenza fotografica gli amorevoli sensi di Turi Simeti nel recupero, nel restauro e nella ricostruzione del suo oggetto/feticcio, già condannato alla più brutale distruzione. Tutto il mondo è teatro: così anche fermare sulla gelatina della pellicola i gesti di Christo che impacchetta con perizia la statua equestre di un Re in piazza Duomo a Milano: l'arte che occulta l'oggetto dell'arte per farsi nuovo linguaggio destinato comunque all'oblio, ma da noi testimoniato e fermato nel tempo da un collage fotografico in bianco e nero narrativamente dissociato, così come la memoria può rammentare un fatto. Insomma, la fotografia che racconta anche un’altra storia, al di là della sua presunta veridicità documentaria, o che può comunque utilizzare quella presunta verità cronachistica per totalmente capovolgerla.