Cinema Un amore di donna
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UN AMORE DI DONNA
sceneggiatura di
Alberto e Gianni Buscaglia,
Antonio Porta e Nelo Risi
Antonio Porta e Nelo Risi
da un soggetto di Franco Levati
con
Bruno Ganz
Laura Morante
Claudine Auger
Ivan Desny
Gabriele Villa
Cinzia De Ponti
Pier Angelo Pozzato
Silvia Cohen
musiche originali Morris Albert
scenografia Enrico Scampini
costumi Franca Zucchelli
montaggio Alfredo Muschietti
fotografia Lamberto Caimi
regia di Nelo Risi
prodotto da Franco Levati
per RAI Uno, Taurus Film, Film Leading
(Italia, Germania, 1988)
durata 100'
Breve memoria su una sceneggiatura maltrattata
I contatti per la collaborazione al film Un amore di donna iniziarono nel’estate del 1983, in Valsolda, quando una cara amica mi presentò Franco Levati, un produttore milanese di spot pubblicitari. Durante l'incontro Levati mi accennò che voleva tentare il salto nella produzione cinematografica, e che stava lavorando su un film tratto da una sua novella, una vicenda sentimentale con qualche risvolto autobiografico. Mi disse anche che aveva già chiesto la collaborazione a uno scrittore, Leo Paolazzi (poi scoprii che erano le vere generalità di Antonio Porta, uno dei poeti di punta del Gruppo 63). Paolazzi gli era stato suggerito dal regista Nelo Risi, che aveva girato alcuni spot pubblicitari per la casa di produzione di Levati e che poteva essere il regista del film in preparazione.
Sapendo della mia attività di regista e sceneggiatore e dei miei rapporti di lavoro con la Rai, Levati mi propose di entrare nel progetto del suo film, per affiancarmi a Paolazzi nel lavoro di sceneggiatura. Risposi che la proposta era interessante, ma che andava approfondita. Così ci demmo appuntamento a Milano, sia per conoscere Leo Paolazzi che per chiarire le linee del progetto, avvertendo che in caso di accordo avrei associato al lavoro di sceneggiatura mio fratello Gianni. Fu così che iniziò il lungo ed elaborato lavoro di scrittura affinché la fragile trama "rosa" del raccontino di Franco Levati potesse diventare una credibile storia cinematografica...
Sapendo della mia attività di regista e sceneggiatore e dei miei rapporti di lavoro con la Rai, Levati mi propose di entrare nel progetto del suo film, per affiancarmi a Paolazzi nel lavoro di sceneggiatura. Risposi che la proposta era interessante, ma che andava approfondita. Così ci demmo appuntamento a Milano, sia per conoscere Leo Paolazzi che per chiarire le linee del progetto, avvertendo che in caso di accordo avrei associato al lavoro di sceneggiatura mio fratello Gianni. Fu così che iniziò il lungo ed elaborato lavoro di scrittura affinché la fragile trama "rosa" del raccontino di Franco Levati potesse diventare una credibile storia cinematografica...
....Purtroppo, quello che era iniziato come un stimolante coinvolgimento nella costruzione di un film, a poco a poco si trasformò in una continua richiesta di tagli e rifacimenti di sceneggiatura che non solo impoverivano la trama di vicende e rapporti tra personaggi innestati sull’esile raccontino rosa del produttore Franco Levati, ma oscuravano anche la sottostruttura metacinematografica che sosteneva l’architettura del film con voluti e identificabili richiami a tematiche e stilemi del cinema di Hitchcock e di Bergman, nel tentativo di smontare la retorica sul mestiere del protagonista, un collaudatore di aerei militari, e quella conseguente sulle Frecce Azzurre che Levati, di sua iniziativa, fece sfrecciare senza alcun motivo nel finale del film, già volgarizzato dalla musica appositamente commissionata a Morris Albert.
Un esempio dei continui rifacimenti della sceneggiatura richiesti dal produttore, dettati principalmente da problemi di budget, è rappresentato dalla scena del film pubblicata su YouTube che si può vedere qui sotto: nella versione della sceneggiatura del settembre 1984, la scena in questione portava il n° 50, occupando le pagine da 126 a 129, poi cassate (rimaste legate al fascicolo da cui cito, ma ripiegate: due pagine si possono vedere nella fotografia qui sopra) e sostituite con fogli e ritagli aggiunti battuti a macchina, recanti una nuova numerazione per soppressione di scene precedenti, diventando così la scena n° 42, quella dove il precedente personaggio di Michel (giovane inglese compagno di viaggio di Gabriella in un tour in India) è stato sostituito da Sandor, giovane poeta ungherese che con Gabriella ha condiviso un viaggio nella più economica e "ovunque filmabile” Ungheria, come si può vedere qui sotto nella sequenza sapientemente illuminata dall'eccellente direttore della fotografia Lamberto Caimi.
La critica
Nelo Risi, regista in nome di Freud "(...) Non sarà per avventura, ad esempio, che la poesia e il cinema di Nelo Risi siano molto frequentati da personaggi femminili, e che le motivazioni dell'inconscio siano spesso una chiave per penetrarli. Il caso più recente è offerto da "Un amore di donna", il lungometraggio presentato in anteprima mondiale a Conegliano Veneto (Antennacinema, Incontri di cinema e televisione, 1988, ndr), col quale Risi torna al cinema dopo una decina d'anni. (...) La protagonista è Gabriella -interpretata con la consueta asciuttezza da Laura Morante - che da bambina ha assistito a una scena la quale resterà poi un segreto di famiglia, ma dove è la radice della sua ostilità verso la mamma, del suo rimpianto del padre scomparso, del suo rancore verso l'avvocato di casa, l'amante della madre al quale Gabriella fu sposata giovanissima e che ora si rifiuta di concedere il divorzio. Scritto da Antonio Porta con i fratelli Buscaglia e lo stesso Risi su un soggetto del produttore Franco Levati, il film coglie Gabriella nel momento cruciale del suo incontro con un collaudatore di aviogetti, un Franco cinquantenne (l'attore è un Bruno Ganz un po' spaesato) nel quale essa ama la perduta immagine paterna, e col quale forse s'accompagna dopo aver sparato al marito e indotto la madre a confessare un delitto.
"Un amore di donna" è un film di commissione, costruito su una storia che sposa la sentimentale Liala al Moravia antiborghese, li cuoce in salsa freudiana, tiene d'occhio il cinema gradevole di Lelouch e trascorre turisticamente da Milano al lago di Varese, da Tradate a Pantelleria, da Nyon in Svizzera a fabbriche e basi aeronautiche in cui si provano gli ultimi modelli. Ma è anche un film che compensa la facilità dell'anedotto (...) con la vivacità e la ricchezza delle immagini e delle svolte narrative, favorito dalla fotografia di Lamberto Caimi e dalle musiche di Morris Albert, ma soprattutto dall'occhio limpido di Nelo Risi che sa trarre da paesaggi diversi, siano offerti dalla natura o cercati dallo scenografo Enrico Scampini nelle case di lusso e nelle officine aeronautiche, spunti piacevolissimi. Con in più le fulminee puntate del jet, l'avventuroso salvataggio del pilota paracadutato nel lago (...): di volta in volta uno spettacolo emozionante e una metafora dei rapporti fra i personaggi, dei vari comportamenti che, come i velivoli, uomini e donne tengono fra cielo e terra."
Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, 22 marzo 1988
Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, 22 marzo 1988
Cinema elegante che sa di passato "Di fronte a "Un amore di donna" di Nelo Risi" si prova un effetto, non sgradevole, di film "demodè; ed è addirittura, come cercherò di spiegare, un effetto doppio. (...) Non è soltanto per la presenza dello stesso operatore, il bravo Lamberto Caimi, che un "Amore di donna" ricorda un film dei primi anni '60, "Una storia milanese" di Eriprando Visconti. Sono film che si assomigliano: firmati entrambi da registi lombardi, ambientano un discorso sui sentimenti nella cornice dei rapporti famigliari, cercano sfondi suggestivi fra i laghi e le Alpi, si aprono alla collaborazione dei letterati (...) Direi insomma che il film, per attente scelte di gusto e stile, ci fa fare un tuffo nel passato; e anche quell'avvocato (marito di Gabriella e amante della madre, ndr) partecipa della natura diabolica di certi "terzi incomodi" del giovane Bergman.
Fino a questo punto, "Un amore di donna" svela i difetti delle sue virtù: garbo, finezza e riserbo da una parte, dall'altra tempi morti, una blanda reticenza e un tono esangue. Ma c'è qualcosa di più vecchio, ed è il doppio effetto retrò al quale alludevo: la professione del protagonista, la sponsorizzazione dell'Areonautica militare, l'eccessivo tricoloreggiare della sequenza finale rimandano a certi film degli anni '30 dove si coniugavano amori grandi e venti di guerra. Se n'è reso conto il sensibile Risi quando ha messo in casa di Franco, tra i tani libri che poteva scegliere, i discorsi di Mussolini?
Insomma un film tipo anni '60 che ricorda un film degli anni '30. In armonia con le figure adeguate di Ivan Desney e di Claudine Auger, ben scelti e convincenti, perfino la bellezza incisiva ed espressiva di Laura Morante ha una patina antica. Bruno Ganz, invece, è un antieroe di oggi ed è bravissimo a indovinare complessità e sfumature di un personaggio che pretende di non averne.
Post scriptum. E' giusta la ribellione di Nelo Risi contro il produttore, che ha appioppato al film della musica da discoteca. Ai tempi di "Una storia milanese", Visconti nipote, con l'entusiastico assenso dei produttori, affidò il commento musicale a Johon Lewis del Modern Jazz Quartet. Finezze del cinema d'allora, brutalità del cinema d'oggi."
Tullio Kezich, la Repubblica, marzo 1988